PASocial Day a Milano

PASocialDay

PASocial Day a Milano

Il 6 giugno 2018 si è celebrato in Italia il primo PASocial Day, giornata dedicata alle riflessioni sul rapporto fra Pubblica Amministrazione e nuovi mezzi di comunicazione, fra cui i più impegnativi sono sicuramente i social network.

Sono stato invitato all’evento di Milano, in una piccola tavola rotonda sulla comunicazione in emergenza, per raccontare sia il progetto terremotocentroitalia.info, sia il rapporto fra la comunicazione social e il mio ruolo di Assessore del Comune di Cento da quasi due anni. Qui di seguito ho riassunto quello che ho detto.

terremotocentroitalia.info

terremotocentroitalia.info è nato prima di tutto da un’esigenza, che io e Matteo Tempestini abbiamo sentito con forza il mattino del 24 Agosto del 2016, mentre commentavamo (ovviamente con l’aiuto dei social network e degli strumenti di messaggistica istantanea) i fatti che stavano accadendo e la loro gestione da parte dei mezzi di comunicazione tradizionale (giornali, radio, TV) e di quello che girava sui social network.

Essendo un terremotato nel cratere del terremoto del 2012 in Emilia, avevo presenti alcuni ricordi:

  • in quei giorni molti scoprirono Twitter: le prime notizie sulla scossa (che era avvenuta alle 3 di notte) sono arrivate proprio come tweet, mentre tutto il resto taceva
  • non esistevano account da seguire, ma quello che accadde fu che pochi utenti cominciarono ad avere una leadership naturale, dovuta al fatto che si erano distinti per condividere abitualmente delle informazioni utili e corrette.
  • abbiamo tutti imparato a conoscere @INGVterremoti come fonte ufficiale, ma anche a cercare delle alternative, in quanto per dare una informazione corretta, i tweet con gli epicentri dei terremoti sono sempre in ritardo di decine di minuti

Quella mattina dell’Agosto 2016 abbiamo notato che:

  • i canali social delle varie istituzioni statali stavano dando informazioni che non erano incoerenti, ma venivano fornite in modo spesso parziale da più account diversi, mancava una fonte autorevole unica che potesse essere pubblicizzata ai cittadini per potere avere informazioni
  • in particolare, veniva diffuso lo schema preparato dalla Croce Rossa Italiana che spiegava cosa fare in caso di terremoto che però contiene due raccomandazioni:
    • “Evita di usare il telefono e l’automobile” (in alternativa, in TV veniva pubblicizzato il numero verde della Protezione Civile del Lazio, dicendo però di contattarlo soltanto in caso di effettiva necessità): questo contro il bisogno di tutti sia di sapere cosa stesse succedendo nei dintorni, sia di contattare parenti e amici per avere anche soltanto supporto morale. In effetti, devo confermare che quando c’è stato il terremoto nella mia città le linee telefoniche erano inutilizzabili, mentre però funzionava bene la rete internet anche cellulare.
    • “Raggiungi le aree di attesa individuate dal piano di emergenza comunale”: messaggio correttissimo, senonché purtroppo il piano di emergenza comunale è conosciuto da una piccola parte della popolazione, e molto frequentemente le aree di attesa non sono segnalate come dovrebbero (e l’emergenza non è il momento adatto per informarsi)

Abbiamo quindi deciso di creare prima un gruppo Facebook, poi tutta una serie di servizi che abbiamo fatto confluire nel portale terremotocentroitalia.info e che è stato portato a contatto con le popolazioni colpite dal lavoro del progetto SIS.M.I.CO. di Act!onAid.

Gli antefatti

Con Matteo avevamo già affrontato i temi delle emergenze a partire da HackToscana 2014, dove era cominciato un ragionamento, anche in confronto con la Protezione Civile, sulla possibilità di utilizzare strumenti informatici e coinvolgere la società civile, tenendo presenti due elementi:

  • la responsabilità: la Protezione Civile è formalmente responsabile di quello che comunica, che ha sempre valenza di ufficialità. Un progetto gestito dalla società civile è autorizzato a porre clausole che pongono la responsabilità in capo all’utente, seppur cercando di guadagnarsi una autorevolezza molto forte sul campo
  • la competenza: ci sono azioni che sono di competenza della Protezione Civile e degli altri attori legati alla gestione delle emergenze (per esempio la Croce Rossa) e che la società civile non può compiere.

Come l’abbiamo fatto

La prima consapevolezza è quella di essere un servizio e di dover rispondere alle esigenze concrete, aggiustando il tiro se necessario:

  • abbiamo evitato di sviluppare nuove “app” o luoghi in cui attirare le persone
  • abbiamo cercato di sfruttare sempre servizi esistenti, perché ci permettevano sia maggiore flessibilità, sia maggiore sicurezza di continuità, che non dipendeva da noi
  • abbiamo mantenuto una linea open:
    • open data: tutti i dati di terremotocentroitalia.info sono condivisi da subito come open data, in modo da poter essere utilizzati da chiunque
    • open source: le tecnologie su cui ci siamo basati sono il più possibile open source, per permettere a tutti di contribuire senza problemi
    • open collaboration: tutti potevano contribuire al progetto nei modi e nei tempi che ritenevano utili, in una sorta di grande hackathon distribuita

Cosa sto imparando sulla comunicazione social e di emergenza nella PA

Per prima cosa, per collegarmi al progetto terremotocentroitalia, ricordo sempre ai miei colleghi civic hacker che spesso la società civile è più “avanti” della PA. Quando vengono creati strumenti innovativi e fatte proposte che abbracciano nuovissime tecnologie, è facile che non si sia compresi, non per malafede, ma per la mancanza di mezzi per comprendere.

Ci sono problemi legati alla:

  • impossibilità di acquisire personale competente: le professioni legate alla comunicazione social sono molto recenti. È quindi difficile che in organico ci siano persone già esperte, mentre l’approccio ai nuovi media da parte di chi si è sempre relazionato coi tempi e i modi della carta stampata rischia di non avere la libertà di essere ripensato totalmente
  • formazione: occorre formare le persone già all’interno dell’amministrazione. Questo richiede tempo e risorse.
  • motivazione: il problema della comunicazione attraverso i nuovi media non è sempre molto sentito. Soprattutto, non è sentito come un problema di tutti, quando per esempio il sito istituzionale oggi non è più un corpo estraneo, ma è un patrimonio (immateriale) al pari delle bacheche negli uffici
  • mancanza di consapevolezza che tutto è comunicazione e ha bisogno di una strategia integrata: dagli sportelli al cittadino, alle email, ai comunicati stampa

Normativa e burocrazia

  • la Pubblica Amministrazione si basa su atti e procedimenti, e comunica normalmente attraverso messaggi protocollati. Tutto il mondo dei social, della messaggistica, anche dei servizi di segnalazione tramite app o web è attualmente un canale parallelo. Se la regola è “tutte le comunicazioni che potrebbero dare avvio a un procedimento vanno protocollate”, una segnalazione di un cittadino è quasi sempre fonte di un’azione da parte della PA e quindi andrebbe trattata in questo modo. Il sistema di protocollazione in ingresso e in uscita naturalmente però aggiunge tutta una serie di complicazioni e di implicazioni di responsabilità.
  • una Pubblica Amministrazione ha una serie di adempimenti che è tenuta ad assolvere, mentre ciò che esula dalle sue competenze va sempre valutato con attenzione. Occorre quindi motivare le scelte su ciò che si fa, anche nella comunicazione, e inserire queste azioni all’interno dei procedimenti e dei regolamenti, per evitare che siano legati all’amministrazione corrente
  • comunicare la macchina burocratica ai cittadini, anche a quelli più attivi, è fonte di difficoltà e incomprensioni. Occorre che da una parte ci si sforzi di rendere comprensibile tutto il procedimento, ma dall’altra parte per interloquire con la PA bisogna imparare a parlarne il linguaggio, anche quando sembri assurdo

Emergenze

  • Importanza della multicanalità: non fissarsi su un solo strumento, per quanto accattivante. Una sola app, un solo sito, un solo messaggio SMS, se guasti, non raggiungono il cittadino nel momento importantissimo dell’emergenza
  • Bisogna andare dove si trovano i cittadini: che siano i social, le chat, … L’impatto sarà tanto maggiore, quanto più riusciremo ad andare nelle “piazze” in cui già sono
  • Il canale dev’essere continuamente testato, per assicurarsi che funzioni. No alle app che apriamo una volta all’anno, e magari non ci eravamo accorti che non funzionavano più. Sì all’approccio delle allerte meteo, che vengono date anche quando è “verde”: in questo modo ricevo un messaggio tutti i giorni e so che sono collegato
  • Ci dev’essere un commitment, un impegno forte, nel proporre servizi o fornire dati (es. i feed delle allerte). Non è possibile avere servizi best effort in caso di comunicazione di emergenza. In caso contrario, sarà più facile che nel momento del bisogno si possa comunicare su un social network o su un altro servizio gestito da “grandi aziende”, che hanno ovviamente interesse economico ad essere sempre attive. Questo è un elemento che può essere sfruttato.
  • Di nuovo sulle norme: dobbiamo sapere cosa possiamo utilizzare ed eventualmente lavorare per modificare le leggi per aiutare la comunicazione in emergenza. Si diceva in un intervento precedente al mio che c’è discussione se la comunicazione social sia o meno “servizio pubblico”. Queste due piccole parole rappresentano tante implicazioni per chi lavori in una PA. Questa necessità vale anche per l’uso o la produzione di open data.

Gli strumenti che possiamo prendere da altri ambiti

La Pubblica Amministrazione non ha dovuto fare il ragionamento complesso di certificazione di qualità a cui sono state costrette tutte le aziende anni fa. In quel frangente, per fare un esempio, le società di formazione hanno dovuto cominciare a ragionare su quale fosse il loro “prodotto” (se la “formazione” o “lo studente”). Con questo però hanno potuto ragionare di numeri e di strumenti.

Nel campo delle segnalazioni dei cittadini ci vengono proposti vari servizi, che implicano punti di vista diversi sul rapporto PA-cittadino:

  • sistemi di ticketing, dove si considera il cittadino un utente che fa segnalazioni a cui dare risposta
  • sistemi di customer relationship management, dove si considera ogni cittadino un cliente che può segnalare, ma anche a cui chiedere valutazioni, commenti, su cui fare campagne di marketing

Probabilmente alla base della scelta dell’uno o dell’altro strumento dovrebbe esserci un tentativo di ricondurre le forme di fornitura di servizi di una PA nei termini usati dalle aziende del terzo settore, il che permetterebbe più chiaramente di mutuare anche il loro modo di gestire il lavoro.

CIVIC HACKING
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